Blog

La semplice storia della Riflessologia plantare

2025-07-12 23:38 Riflessologia
Sulle origini della riflessologia plantare, cercando in rete, se ne leggono di tutti i colori.

Alcuni la considerano talmente antica da avere origini che si perdono nella notte dei tempi, altri credono che arrivi dall’antico Egitto, altri ancora dalla Cina arcaica. Tuttavia, se si vuole mantenere un approccio serio e scientifico alla ricerca, non si può sapere se già in tempi antichi veniva praticata come lo è oggi e non ci sono testi che ne parlano in questi termini.

Che il massaggio sia un’arte antica nessuno può metterlo in dubbio, e quando si massaggia una persona, si massaggia il corpo di una persona, e i piedi ne fanno parte. In alcune culture venivano lavati dal padrone di casa come gesto di accoglienza e di ospitalità, e quando si lavavano i piedi inevitabilmente venivano anche massaggiati, seppur involontariamente!

Tuttavia una cosa è un massaggio ai piedi, e un’altra cosa è un massaggio riflessologico dei piedi.

La riflessologia come la conosciamo oggi ha una storia e questa storia vede nel medico americano William H. Fitzgerald il suo precursore (non il suo creatore).

Fitzgerald, è bene sottolinearlo, non ha mai parlato di reflessologia plantare né tanto meno la praticava, tuttavia il suo lavoro di ricerca e di scoperta ha posto le basi affinché altri dopo di lui potessero, un po’ alla volta, dare vita al corpus teorico e pratico che oggi conosciamo come reflessologia plantare.

Come diceva sempre il mio maestro:”Fitzgerald sta alla riflessologia come Cèzanne sta al cubismo!”

W. H. Fitzgerald nasce nel 1872 negli Stati Uniti dove si laureò in medicina, all’Università del Vermont, nel 1895. Successivamente lavorò a Londra, a Parigi e a Vienna formandosi come valente specialista in otorinolaringoiatra anche se per lo più venne considerato come una personalità medica completa.

Durante questi anni di pratica e studio realizzò che, esercitando compressioni in diverse zone del cavo orale oltre che in altre parti del corpo (tipicamente le dita delle mani), riusciva ad ottenere delle analgesie se non addirittura delle anestesie di breve durata, che gli permettevano di effettuare piccoli interventi di otorinolaringoiatria.

Queste sue intuizioni, molto probabilmente, vennero ispirate dalla collaborazione con il Dott. Harry Bond Bressler di Vienna che era uno studioso appassionato di storia della medicina e conoscitore di tecniche terapeutiche non codificate dalla medicina ufficiale, ma comunque utilizzate con successo dalla medicina empirica (fonte: Reflessologia Zu Vol. 1).

Procedendo nel suo percorso di sperimentazione, le aree che, venendo compresse, con semplici elastici o mollette da bucato, determinavano analgesie e comunque modificazione della sintomatologia dolorosa in aree diverse da quelle compresse aumentavano sempre di più fino a quando fu in grado di tracciare una mappatura di queste zone in modo sistematico (fonte: Massaggio Zonale. Ed. L’altra medicina).

Il risultato più interessante di questo lavoro fu la teorizzazione del concetto che il corpo umano fosse percorso da dieci linee parallele che iniziavano il loro percorso dalle dita dei piedi e delle mani e si ricongiungevano alla testa.

Sostenuto dall’entusiasmo che queste evidenze empiriche alimentavano in lui, iniziò a divulgare ai colleghi gli esiti di questo sue scoperte (siamo intorno al 1913). La notizia iniziò a diffondersi nel mondo medico arrivando al dott. Edwin F. Bowers che, dopo aver approfonditamente verificato la pratica, collaborò con Fitzgerald alla stesura del libro “Zone Therapy – Relieving pain at home”.

Tra i maggiori appassionati di questa nuova pratica analgesica naturale ci fu il dott. Joe Shelby Riley (1856 – 1947).

Joe Shelby Riley, nato in Texas il 6 Dicembre 1856, era figlio di un medico chirurgo di frontiera che servì sia nella guerra contro il Messico (1846-1848) che nella guerra civile Americana (1861-1865).

Joe Riley fu a sua volta medico, insegnante ed autore scrivendo in particolare, a partire dal 1917, dodici libri sulla “Zone Therapy”, l’ultimo dei quali nel 1924 col titolo “Zone Reflex” (fonte: “Eunice Ingham: a biography” pag. 47).

Riley e Fitzgerald ebbero una relazione professionale molto intensa, quest’ultimo infatti insegnò presso la scuola di Riley dal 1913 al 1920.

Joe Riley era un medico eclettico che praticava diverse discipline, tra cui la chiropratica, e fu il primo a mappare i piedi aggiungendo linee orizzontali e localizzazione degli organi basandosi sullo schema delle dieci linee longitudinali di Fitzgerald (fonte: “Eunice Ingham: a biography”).

Questo lavoro permise una migliore identificazione delle aree corporee che qui si riflettevano, aprendo di fatto la via a quella che oggi conosciamo come reflessologia plantare.

Per poter parlare di riflessologia plantare in termini moderni occorre tuttavia attendere gli anni ’30 del secolo scorso quando Eunice D. Ingham (1889 – 1974), una fisioterapista americana che aveva studiato e lavorato con il dott. Riley, sistematizzò il lavoro sperimentato in anni di pratica su centinaia di pazienti sotto il nome di Ingham Reflex Method of Compression Massage (fonte: “Eunice Ingham: a biography”)

Eunice Ingham faceva parte, con la sua famiglia, della comunità religiosa conosciuta con nome di Megiddo Mission che per un breve periodo navigò con un battello lungo i fiumi degli stati americani del Sud (fonte: “Eunice Ingham: a biography” pag 22).

Era una donna spiccatamente “spirituale” e spesso spiazzava le persone accanto a lei con le informazioni di chiaroveggenza che riceveva. In questo periodo era usa praticare il massaggio e altre terapie naturali (fonte: “Eunice Ingham: a biography” pag 35). Non ebbe figli e divise la sua vita tra l’attività di intermediazione mobiliare e di massaggiatrice fisioterapista che la portò successivamente alla codificazione del massaggio riflesso oggi noto come riflessologia (fonte: “Eunice Ingham: a biography” pag 22).

All’età di 31 anni, a cavallo tra il 1919 e il 1920, frequentò un corso di 9 mesi a Washington D.C. ottenendo un diploma di psicoterapista alla National University of Therapeutics. Questo è il momento in cui il dott. Riley entra nella vita della Ingham firmando personalmente il suo diploma in qualità di preside dell’università (fonte: “Eunice Ingham: a biography” pag 36).

All’età di 39 anni, nel 1928, torna nuovamente a Washington D.C. per studiare e nel maggio dello stesso anno si diploma come fisioterapista presso il Columbia Institute of Physiotherapy e nuovamente il dott. Riley firma il suo diploma (la moglie di Riley, Elizabeth, era la segretaria della scuola – fonte: “Eunice Ingham: a biography” pag 37).

Nei primi anni ’30 la Ingham lavorò come fisioterapista nello studio del dott. Riley (fonte: “Eunice Ingham: a biography” pag 47). Fu quest’ultimo che la spinse a focalizzare il suo lavoro di ricerca sui piedi e a spingerla a scrivere il suo primo libro nel 1938 “Stories the feet can tell”.

Come affermato dai nipoti Dwight ed Eusebia, la Ingham ebbe come unico mentore il dott. Riley e non era a conoscenza dei concetti della Medicina Tradizionale Cinese (fonte: “Eunice Ingham: a biography” pag 50).

L’idea dei riflessi viene presa a prestito dalla medicina osteopatica e dalla Zone Therapy di Fitzgerald del quale studiò anche il libro che questi scrisse insieme a Bowers nel 1917 (fonte: “Eunice Ingham: a biography” pag 50). La Ingham studiò diversi autori e testi e in particolare si menziona un libro del 1920 dal titolo:”The crystal theory of disease” di H.C. Barkman attraverso il cui studio iniziò molto probabilmente a teorizzare la formazione di cristalli di acido urico e di depositi di calcio alle terminazioni nervose e ai piccoli capillari presenti ai riflessi del piede. Formazioni più volte da lei stessa richiamate nei suoi due libri, “Stories the feet can tell” del ’38 e “Stories the feet have told” del ’51 (fonte; “Eunice Ingham: a biography”pag 50).

Secondo questa teoria questi depositi, percepibili ad una attenda e sensitiva palpazione con l’angolo del pollice, sarebbero la causa del dolore percepito ai piedi dai pazienti a seguito della pressione esercitata col massaggio riflessologico, oltre che ad essere la manifestazione di una ridotta circolazione sanguigna nell’organo riflesso nelle stesse aree del piede (fonte; “Stories the feet can tell” e “Stories the feet have told”).

La stessa Ingham afferma che la teoria sembra plausibile ma che solo il lavoro di un anatomo-patologo potrebbe provarla rimuovendo chirurgicamente questo materiale e analizzandolo al microscopio, cosa mai stata fatta né su uomini né su animali (fonte; “Eunice Ingham: a biography”).

Nel suo lavoro di sperimentazione e di ricerca la Ingham realizzò che una pressione costante, come sostenuto da Fitzgerald nella sua “Zone Therapy”, produce un effetto anestetico sui riflessi, mentre una pressione alternata aiuta il corpo a bilanciarsi sostenendo una salute migliore. La pressione applicata era costante ma il movimento era circolare mentre si muoveva lungo le aree riflesse (fonte: “Eunice Ingham: a biography”pag 52). Che sia questa la genesi del movimento detto a “bruco” considerato oggi una tecnica base delle reflessologia contemporanea?

Nel corso degli anni cambiò diverse volte nome alla sua tecnica: inizialmente semplicemente Zone Therapy, ma poi, a causa della confusione che questa scelta creava con la Zone Therapy di Fitzgerald, lo modificò in Massaggio Compressivo, fino ad arrivare al definitivo nome, tutt’ora in uso, di Riflessologia (fonte: “Eunice Ingham: a biography”pag 92).

Nel tempo la Ingham arrivò ad elencare una serie di principii che erano alla base della sua tecnica (fonte: “Eunice Ingham: a biography”pag 116):

La Zone Therapy di Fitzgerald, usata come guida nella ricerca della localizzazione dei riflessi e come base teorica che prevedeva la pressione applicata ad una certa zona per avere effetti ovunque nella zona stessa (Le zone sono rappresentate dalle dieci linee in cui Fitzgerald divise il corpo umano, linee che si ritrovano anche sui piedi);

Produzione di una azione riflessa;
Scioglimento della congestione spesso identificata nella formazione di cristalli; scioglimento che migliora la circolazione. Nei suoi due libri la Ingham ripete più volte che “circolazione è vita; stagnazione è morte”;
Produzione di una profonda forma di rilassamento come mezzo per una migliore ossigenazione del sangue;
Infine eliminazione delle tossine attraverso un rinvigorimento delle funzioni degli organi emuntori.

In Medicina Tradizionale Cinese si afferma: ”Bùtōng zhè tòng – tòng zé bùtōng”, ossia se il flusso è libero non vi è dolore, se vi è dolore il flusso non è libero (fonte: “Ho la cervicale”. Ed Zu Center). In altri termini si può osservare che ogni patologia ha all’origine una forma stagnazione, qualche cosa che per eccesso o per difetto non circola. Analogamente l’etimologia della parola reumatismo, dal greco “reuma” che significa “scorrimento, flusso” sta ad indicare una interruzione di un flusso, di uno scorrimento, che in un modo o nell’altro viene ad essere ostacolato.

Entrambi i concetti trovano sintesi nell’affermazione della Hingam: ”circolazione è vita, stagnazione è morte”, e tutti insieme sottolineano l’importanza vitale che l’idea di “movimento, di circolazione” riveste nel mantenimento della salute. In agopuntura si usa infatti dire “mettere in movimento”, attraverso l’infissione di aghi in punti precisi, elettromagneticamente rilevanti.

Dalla fine degli anni ’50 Dwight Byers e Eusebia (Byers) Messenger iniziano a collaborare con la zia Eunice Ingham aiutandola durante i suoi workshop in giro per il mondo.

Il 1967 fu l’anno in cui ufficialmente i due iniziano a tenere i seminari della Ingham che, ormai over 70, li accompagna assieme al marito Fred con il quale piano piano si stava ritirando. Dwight ricevette una educazione sanitaria nel corpo medico dell’esercito e successivamente divenne operatore delle pompe funebri, mentre Eusebia era un’infermiera.

Tuttavia è solo nel 1972 che, con la morte del marito, la Ingham si ritira definitivamente dall’insegnamento (fonte:”Eunice Ingham. a biography”, page 162, 164).

L’anno successivo, nel 1973, Dwight fonda il National Institute Of Reflexology e nel ’78 gli cambia nome nell’attuale International Institute Of Reflexology (IIR), dopo aver rilevato la quota della sorella Eusebia.

Molti furono gli allievi della scuola della Ingham, alcuni dei quali europei, come la tedesca Hanna Marquardt, la britannica Doreen Bayly e l’infermiera fisioterapista svizzera Hedi Massafret (Autrice di uno dei manuali considerati testo-base nella divulgazione della riflessologia in Europa), permettendo di fatto, intorno al 1960, la diffusione di questa nuova tecnica terapeutica anche nel vecchio continente.

La Bayly sottolinea la valenza diagnostica della reflessologia, parla della capacità di vascolarizzazione degli organi e delle strutture profonde attraverso il massaggio riflessologico e chiarisce che il tragitto dell’informazione non è un filo diretto tra il piede o l’organo ma che questo ha nel cervello il tramite di elaborazione dell’informazione. Tratto da Massaggio Zonale di Clara Bianca Erede.

In particolare la Marquardt studiò da autodidatta i libri della Ingham e lavorò come riflessologa per circa nove anni durante i quali ebbe una corrispondenza epistolare con la stessa Ingham, prima di andare a conoscerla di persona e a frequentare uno dei suoi week end formativi che all’epoca si chiamavano “Book review”.

A quel tempo la Marquardt aveva 34 anni, era il 1967, e il work shop fu tenuto, a Toronto in Canada, dai nipoti della Ingham mentre questa si limitò a dare dimostrazioni della tecnica. Dopo il work shop la Marquardt passò 4 giorni a casa della Ingham dove ebbe l’opportunità di vederla lavorare su alcuni pazienti (fonte: Da:”Eunice Ingham. a biography”, pag 156).

Tornata in Germania decise di insegnare ma non come insegnante del Metodo Ingham, come da lei stesso affermato in una intervista del 2008, ma sviluppando un suo curriculum, sue mappe, libri e concetti (fonte: Da:”Eunice Ingham. a biography”, pag 158).

In Italia la riflessologia viene introdotta da Elipio Zamboni, massofisioterapista ed erborista fitopreparatore (tecnica questa appresa dal padre nelle valli bergamasche di dove era originario) diplomato in riflessologia nel 1974 presso la scuola tedesca di Hanne Marquardt, che all’epoca viveva e lavorava nella Foresta Nera.

Nel 1983 Zamboni edita il libro “Guarire si Può” in cui presenta la reflessologia ed il suo lavoro di ricerca, e nel 1987 fonda la FIRP con l’intento di promuovere lo studio, la diffusione e lo sviluppo della riflessologia.

La riflessologia accelera la propria diffusione in Italia grazie al lavoro di Clara Bianca Erede che ha scritto quello che si può considerare il testo base in lingua italiana della riflessologia plantare “Massaggio Zonale” dalla rielaborazione del lavoro della Hedi Massafret.

All’interno del volume si può trovare anche un riassunto interessante della Terapia Prenatale, meglio nota come Tecnica Metamorfica sviluppata dal ricercatore inglese Robert St. John, del quale la Clara Erede è stata allieva e collaboratrice nella divulgazione.

Ognuno dei protagonisti della storia della riflessologia plantare sopra menzionati, ha dato un importante contributo personale, attraverso intuizioni e verifiche empiriche, allo sviluppo della tecnica riflessologica. In Italia, grazie al lavoro e alla appassionata attività di ricerca di Alfredo “Laozú” Baldassarre, questa pratica ha potuto compiere un fondamentale balzo in avanti grazie all’integrazione con i principi e con la visione propri della Medicina Tradizionale Cinese, e del pensiero taoista in particolare, che il ricercatore italiano è stato capace di applicare in maniera integrata e completa arrivando a formulare il concetto innovativo di lettura morfologica del piede.

Dopo aver appreso la tecnica da Elipio Zamboni nella seconda metà degli anni settanta, nel suo percorso di sperimentazione e di verifica, Baldassarre è riuscito ad individuare un metodo univoco e scientifico per l’identificazione delle aree riflesse sui piedi, che fino a quel momento erano riportati, sulle diverse mappe esistenti, in zone più o meno simili ma mai identiche.

Partendo dall’assunto che anatomicamente gli organi interni si trovano sempre proporzionalmente nello stesso posto all’interno del corpo umano, indipendentemente dalle dimensioni, dell’etnia o dell’età, allo stesso modo anche le aree riflesse dovevano necessariamente trovarsi, proporzionalmente, nello stesso punto, indipendentemente dal fatto che il piede fosse lungo, corto, magro o grosso, abdotto o addotto, prono o supino, varo o valgo, talo o equino.

La risposta furono le ossa, che essendo proporzionalmente identiche per tutti i piedi, divennero i riferimenti strutturali in funzione dei quali individuare esattamente l’area riflessa che rispondeva in maniera puntuale alla sollecitazione.

Dopo aver frequentato due diverse scuole di agopuntura ha avuto, in oltre, il merito di aver applicato per primo alla reflessologia la visione taoista e i suoi strumenti come ad esempio il concetto di Yin/Yang e la Legge dei 5 Movimenti (ancora oggi purtroppo da molti chiamati elementi, confondendo il contenuto con il contenitore).

Laozú Baldassarre ha fondato, nel 1982, lo Zú Center, Centro specialistico per lo studio e l’applicazione della riflessologia del piede, scrivendo sette libri segnando la strada in maniera indelebile verso quella che può essere considerata la riflessologia contemporanea, che ha nell’Energetica Riflessa la sua massima espressione (Per maggiori informazioni e ulteriori dettagli consultare il sito www.riflessologiazu.it).

Sulle orme di questi lavori, altri hanno apportato contributi alla riflessologia plantare attraverso l’applicazione di principi derivanti dalle tradizioni radicate nelle culture occidentali contribuendo sempre di più a fare di questa disciplina uno strumento di salute olistica (dal greco olos che significa tutto, intero).